La valutazione del rischio incendio è un elemento essenziale del DVR aziendale. Dal 28 ottobre 2022 le regole per la sua redazione cambiano, per effetto della progressiva entrata in vigore dei 3 decreti del settembre 2021. Che cosa cambia e come comportarsi?
Quando è obbligatoria la valutazione del rischio incendio?
Nei luoghi di lavoro, sempre!
Chi si occupa della valutazione rischio incendio?
La valutazione del rischio incendio è un obbligo in capo al datore di lavoro al pari di ogni valutazione di un rischio specifico. Come per tutti gli altri aspetti di dettaglio, il datore di lavoro può decidere di farsi supportare nell’elaborazione della valutazione da figure consulenziali, a partire dal RSPP per passare a tecnici e professionisti antincendio.

Attenzione a un dettaglio, cioè a non fare confusione tra valutazione rischio incendio e pratiche di prevenzione incendi (DPR 151/2011), quelle che siamo abituati a chiamare “certificati di prevenzione incendi” (CPI). Queste pratiche devono essere gestite da tecnici o professionisti antincendio, quindi figure iscritte agli albi professionali o abilitati secondo il D. lgs. 139/2006 rispettivamente. Nel caso della valutazione del rischio incendio, invece non vi è un vincolo in merito al titolo professionale (ferma restando la competenza in materia!).
In quale decreto sono presenti le indicazioni per una corretta valutazione del rischio incendio?
Nel decreto 3 settembre 2021 “Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81“.

Quattro i dettagli da avere chiari rispetto al decreto 3 settembre 2021:
- abroga integralmente il decreto del Ministro dell’interno del 10 marzo 1998, riferimento storico che va quindi in pensione;
- si applica ai luoghi di lavoro, esclusi i cantieri temporanei e/o mobili;
- impone ai datore di lavoro di comprendere nel DVR la valutazione del rischio incendio e le relative misure di prevenzione e protezione, rendendola coerente e complementare alla valutazione del rischio esplosione;
- prevede che per i luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio, la valutazione possa essere effettuata secondo criteri semplificati contenuti nell’allegato I al decreto stesso, mentre per tutti gli altri luoghi di lavoro i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio sono quelli riportati nel decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 (“Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139“).

Quali sono i luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio
I luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio sono definiti nello stesso allegato I. Si tratta di luoghi ove non si svolgono attività soggette a controlli di prevenzione incendi (quindi tutte le attività non ricomprese nell’elenco dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011) e che presentino tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:
- affollamento complessivo di 100 occupanti, dove l’occupante è una persona presente a qualsiasi titolo all’interno dell’attività;
- superficie lorda complessiva 1000 m2;
- piani situati a quota compresa tra -5 m e 24 m;
- senza detenzione o trattamento di materiali combustibili in quantità significative (qf > 900 MJ/m2);
- senza detenzione o trattamento di sostanze o miscele pericolose in quantità
significative; - senza lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio.

Come cambia la valutazione rischio incendio nel 2021?
Se i principi di prevenzione e protezione restano confermati, di fatto cambiano interamente i riferimenti per la gestione della sicurezza antincendio sul lavoro e le modalità di classificazione delle attività, così sarà necessario fare i conti con le nuove terminologie e i nuovi riferimenti, dimostrando di averli recepiti in termini operativi e documentali.
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