Dopo una prima distinzione nella gestione delle terre e rocce da scavo come rifiuto o come sottoprodotto, ecco un approfondimento dedicato al cosiddetto piano scavi: lo strumento per la gestione delle terre e rocce d ascavo come sottoprodotto.
Piano scavi o, più correttamente, piano di utilizzo
Nel linguaggio aziendale si sente parlare di piano scavi, ma la dicitura non ha riscontro nella normativa di riferimento, il DPR 120/2017. Al contrario il decreto parla di piano di utilizzo e di piano di avvenuto utilizzo: il primo da presentare preliminarmente all’avvio delle attività di scavo e il secondo al termine dell’attività.

Piccoli e grandi cantieri, soggetti o meno a VIA e AIA
Il decreto distingue tre tipologie di cantieri:
- cantiere di piccole dimensioni, ossia un cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità < 6000 m² (calcolati dalle sezioni di progetto), nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti, comprese quelle prodotte nel corso di attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale (VIA) o ad autorizzazione integrata ambientale (AIA);
- cantiere di grandi dimensioni, ossia un cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità > 6000 m² (calcolati dalle sezioni di progetto), nel corso di attività o di opere soggette a procedure di valutazione d’impatto ambientale (VIA) o ad autorizzazione integrata ambientale (AIA);
- cantiere di grandi dimensioni non sottoposto a VIA o AIA, ossia cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità > 6000 m² (calcolati dalle sezioni di progetto), nel corso di attività o di opere non soggette a procedure di VIA o AIA.

In termini di modalità di gestione, il DPR 120/2017 accorpa i cantieri di piccoli dimensioni e quelli di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA, rispetto a quelli di grandi dimensioni soggetti a VIA o AIA. La differenza principale è che in questi ultimi la gestione delle terre e rocce da scavo deve essere definita con maggiore anticipo (almento 90 giorni dall’avvio delle attività di scavo) e comunque prima della conclusione del procedimento autorizzativo (VIA o AIA), quindi difficilmente il soggetto interessato dalla presentazione di questo piano scavi sarà l’impresa incaricata dell’esecuzione delle opere. Per questo motivo ci concentreremo sulla gestione delle terre e rocce da scavo nei casi 1 e 3.
Come procedere, in pratica
1. Campionamenti
Bisogna effettuare i campionamenti tenendo conto dell’area di scavo e del volume di scavo. Le modalità con cui il campione è stato formato/prelevato devono essere descritte adeguatamente in specifica documentazione tecnica. Per cui chi preleva il campione deve riportare su tavola i punti di prelievo e mettere per iscritto le modalità di campionamento e sottoscriverle.

Sono previsti controlli specifici di quantità e qualità per i materiali di riporto (miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito). Per cui se si sospetta/ si rinviene tale materiale bisogna valutare come intervenire.
2. Analisi dei campioni
Riportiamo un estratto dell’Allegato 4 al DPR 120/2017:
Il set di parametri analitici da ricercare è definito in base alle possibili sostanze ricollegabili alle attività antropiche svolte sul sito o nelle sue vicinanze, ai parametri caratteristici di eventuali pregresse contaminazioni, di potenziali anomalie del fondo naturale, di inquinamento diffuso, nonché di possibili apporti antropici legati all’esecuzione dell’opera. Il set analitico minimale da considerare è quello riportato in Tabella 4.1, fermo restando che la lista delle sostanze da ricercare deve essere modificata ed estesa in considerazione delle attività antropiche pregresse.

3. Predisposizione e trasmissione del “piano scavi”
Il piano scavi viene predisposto compilando il modello contenuto nell’Allegato 6 al DPR 120/2017. Il documento, unitamente alla carta d’identità del dichiarante (il titolare dell’impresa che eseguirà lo scavo) e alle analisi dei campioni, deve essere trasmesso a mezzo PEC con almeno 15 giorni di anticipo sull’avvio delle attività di scavo alle sedi ARPA e ai Comuni territorialmente competenti (in cui ricadono sia il sito di produzione che il sito di destinazione).
Per prassi copia del piano, della PEC e delle relative ricevute devono essere trasmesse anche ai siti di destinazione.
La durata del piano non può essere superiore a 1 anno, salvo i casi in cui le caratteristiche dell’opera e gli atti autorizzativi prevedano esplicitamente una durata superiore delle attività di scavo.

4. Avvio degli scavi
Decorsi 15 giorni dalla presentazione del piano scavi, è possibile avviare le attività di scavo.
5. Avvio del trasporto
Il trasporto può avvenire a partire dal primo giorno di scavo, e richiede che ogni viaggio sia accompagnato da un documento di trasporto equivalente al modello contenuto nell’Allegato 7 al DPR 120/2017. Il documento di trasporto deve essere predisposto in tante copie quanti sono le ragioni sociali coinvolte nel trasporto: 3 copie in caso di soggetti diversi con qualifica di produttore, trasportatore e destinatario, in numero minore nel caso uno stesso soggetto ricopra più ruoli (ex. chi produce trasporta anche il rifiuto, oppure chi trasporta il rifiuto è anche destinatario).

6. Modifiche sostanziali del piano scavi
Eventuali modifiche sostanziali nella gestione delle terre e rocce, devono essere preventivamente comunicate. Questo significa che in caso di:
- variazione di uno più siti di destinazione delle terre;
- aumento del volume in banco superiore al 20%;
- aumento documentabile e motivato della durata delle attività di scavo;
deve essere ritrasmesso il piano di utilizzo contenente i dati aggiornati, seguendo le stesse modalità previste per il primo invio. Si deve rispettare anche il termine di 15 giorni tra invio della comunicazione e gestione delle terre in base alle modifiche, il che può richiedere una temporanea interruzione delle attività di scavo e di trasporto.

7. Presentazione del piano di avvenuto utilizzo
Al termine delle attività di scavo, e comunque entro il termine indicato sul piano di utilizzo, deve essere presentato agli stessi soggetti coinvolti nella presentazione del piano iniziale il piano di avvenuto utilizzo, redatto compilando il modello contenuto nell’Allegato 8 al DPR 120/2017.
Tale aspetto è essenziale in quanto la mancata presentazione del piano di avvenuto utilizzo nel termine previsto comporta il decadimento della qualifica di sottoprodotto per tutte le terre e rocce movimentante, con consueguente insorgenza di un illecito nella gestione dei rifiuti (le terre e rocce risulterebbero non più sottoprodotto ma rifiuto e movimentate senza FIR).

I campionamenti
Le regole di dettaglio per l’esecuzione dei campionamenti sono contenute nelle “Linee guida sull’applicazione della disciplina per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo” approvato con delibera del SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) nella seduta del 9 maggio 2019.
Numero di campioni
Il numero minimo di campioni è definito in base all’area di scavo e al volume di scavo, secondo le seguenti tabelle.


Nel caso di scavi lineari (per posa condotte e/o sottoservizi), dovrà essere prelevato un campione ogni 500 m di tracciato, e in ogni caso ad ogni variazione significativa di litologia, fermo restando che deve essere comunque garantito almeno un campione ogni 3000 m³.
Modalità di prelievo
I campioni devono essere formati (prelevati) come segue.
Caso a) della tabella 1:
- realizzazione n. 3 saggi di scavo (pozzetti o trincee);
- dai tre saggi di scavo si preleva dalle pareti 1 set di materiale che va a costituire un unico campione composito rappresentativo di tutta l’area, con l’accortezza di comporre il composito con un uguale apporto di materiale dai tre punti di saggio.
Caso b) della tabella 1:
- realizzazione di almeno n. 3 saggi di scavo (pozzetti o trincee);
- dai saggi di scavo si prelevano dalle pareti 2 set di materiali, il primo rappresentativo del livello più superficiale (profondità 0 – 1m) e il secondo del terreno più profondo. I due campioni compositi (superficiale e profondo) devono essere composti con un uguale apporto di materiale da tre punti di saggio.

Caso c) della tabella 1:
- realizzazione di almeno n. 6 saggi di scavo (pozzetti o trincee);
- dai saggi di scavo si prelevano dalle pareti 2 set di materiali, il primo rappresentativo dell’area corrispondente a 3 saggi vicini (ex. settore ovest) e il secondo rappresentativo dell’area corrispondenti agli altri 3 saggi (ex. settore est). I due campioni compositi (relativi alle due aree distinte) devono essere composti con un uguale apporto di materiale da tre punti di saggio.
Caso d) della tabella 1:
- realizzazione di almeno n. 6 saggi di scavo (pozzetti o trincee);
- dai saggi di scavo si prelevano dalle pareti 4 set di materiali, i primi due rappresentativi del livello più superficiale (profondità 0 – 1m) e più profondo dell’area corrispondente a 3 saggi vicini (ex. settore ovest) e il secondo rappresentativo del livello più superficiale (profondità 0 – 1m) e più profondo dell’area corrispondenti agli altri 3 saggi (ex. settore est). I 4 campioni compositi (relativi a livelli delle due aree distinte) devono essere composti con un uguale apporto di materiale da tre punti di saggio.
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